Un torneo organizzato col fine ultimo della propaganda di regime, termina come programmato, col successo degli azzurri padroni di casa. Un successo frutto di un gruppo solido (leit-motiv di ogni Italia vincente), di un pizzico di fortuna e della consueta “simpatia” verso la squadra ospitante.
TOCCA ALL’ITALIA – La macchina del mondiale è ormai in moto e nel 1932, a Stoccolma, viene deciso che la seconda edizione sarà ospitata dall’Italia, dopo la rinuncia proprio della Svezia. È un’occasione unica per la propaganda del regime fascista, che ne approfitta prontamente. Vengono costruiti numerosi nuovi stadi, più moderni e adeguati ad un movimento che, con l’avvento del girone unico nel 1929, è ormai diventato di massa. L’Italia aveva fatto sua la Coppa Internazionale, antenata del campionato europeo, nella prima edizione del 1930 e, al momento del ricambio generazionale, Pozzo aveva potuto attingere a piene mani dalla Juventus che stava dominando il campionato, con cinque scudetti consecutivi. Oltre al trio Combi-Rosetta-Caligaris c’erano anche gli oriundi Monti, finalista del primo mondiale con l’Argentina, e Orsi. A questi si aggiungevano Ferraris IV “er core de Roma”, il bolognese Schiavio in attacco e, ovviamente, il “balilla” Giuseppe Meazza.
NIENTE CAMPIONI – Priva di pecche l’organizzazione, mentre sul fronte del calcio giocato si registrano ancora troppi forfait. Mancano i campioni in carica dell’Uruguay, forse per ripicca verso le assenti europee dell’edizione precedente, più probabilmente per evitare la brutta figura fatta dall’Argentina. La federazione di Buenos Aires, infatti, si vede costretta a mandare in Italia una squadra costruita con giocatori delle serie minori, per il rifiuto delle squadre più titolare di dare i propri campioni, col rischio di vederseli scippare dai più danarosi club del vecchio continente. Vista la perdurante assenza delle nazionali britanniche, con l’eccezione dell’Irlanda, però eliminata nelle qualificazioni, il ruolo di favorita spetta, più che all’Italia, all’Austria. Il mitico Wunderteam che, guidato da Mathias Sindelar, ormai da anni spadroneggia in Europa. Il 4-2 rifilato agli azzurri a Torino, nel febbraio del 1934, la dice lunga. Il ruolo di outsiders dietro le due favorite spetta a Ungheria e Cecoslovacchia, che in maggio battono una dopo l’altra l’Inghilterra, oltre alla Spagna di Zamora, prima nazionale extrabritannica in grado di superare i bianchi maestri, e al sempre temibile Brasile.
RESTA SOLO L’EUROPA – Gli ottavi di finale si giocano tutti in contemporanea, il 27 maggio, e vedono subito l’uscita di scena delle tre formazioni extraeuropee. A Roma, gli Stati Uniti fanno da sparring partner all’Italia, che esordisce con un 7-1 impreziosito dalla tripletta di Schiavio. L’Argentina vende cara la pelle, ma alla fine si arrende alla Svezia, mentre il Brasile, a Genova, cede alla Spagna nel match-clou, con la doppietta decisiva di Isidro Langara, bomber dell’Oviedo. Desta una buona impressione la Svizzera, che a Milano elimina l’Olanda al termine di una gara divertente, mentre hanno pochi problemi la Germania, contro il Belgio, l’Ungheria, contro l’Egitto, e la Cecoslovacchia, contro la Romania. Problemi che si trova sorprendentemente a dover affrontare, invece, l’Austria, che a Torino è costretta ai supplementari dalla Francia.
TANTO EQUILIBRIO – Il 31 maggio vanno in scena i quarti di finale. Sono tutte gare ad altissima tensione, a cominciare dalla classicissima del calcio mitteleuropeo, tra Austria e Ungheria, da sempre protagoniste di sfide di altissima qualità. A Bologna, però, complice l’importanza dell’evento, si scatena una battaglia epocale. L’Austria si porta in vantaggio dopo soli cinque minuti e, sempre nel primo tempo, l’Ungheria resta in dieci per l’espulsione dell’ala destra Markos. Nella ripresa Zischek raddoppia con un tiraccio da fuori e Sarosi, il leader indiscusso dei magiari, può soltanto dimezzare lo svantaggio. A Milano, sotto una pioggia fittissima, si affrontano Germania e Svezia, con i primi favoriti nei confronti degli scandinavi, già contenti di essere arrivati fin lì. La gara si decide nella ripresa, con la doppietta d’autore di Hohmann, prima con un bolide e poi con un’azione palla al piede. Con gli scandinavi in dieci, la rete del 2-1 di Dunker serve solo per gli almanacchi. Spettacolare la sfida di Torino tra Cecoslovacchia e Svizzera. Gli elvetici vanno presto in vantaggio, ma vengono raggiunti e superati a inizio ripresa, prima che il loro giocatore simbolo, Abegglen beffi nuovamente il grande Planicka. A sette minuti dal termine, però, il futuro capocannoniere del torneo, Nejedly, riesce a scacciare l’incubo dei supplementari.
Arriviamo alla grande sfida tra Italia e Spagna, di scena a Firenze. Non bastano due ore di gioco per decidere chi andrà in semifinale. A Regueiro risponde Ferrari, ribadendo in rete una respinta di Zamora, che nel resto della gara salverà almeno cinque palle gol durante il furioso assalto degli azzurri. Uno a uno, dunque, e bisogna ricorrere alla ripetizione, 24 ore dopo. La fatica si sente, ma Pozzo decide di sostituire solo tre undicesimi della squadra, mentre la Spagna si presenta con ben sette nuovi elementi tra i quali, a sorpresa, Nogues al posto di Zamora. Si risolve tutto all’undicesimo minuto, quando su cross da sinistra di Orsi, Meazza svetta anticipando Demaria e forse aiutandosi nello stacco appoggiandosi al compagno. Le proteste spagnole non hanno esito e la difesa italiana fa il resto, contro la poca consistenza offensiva delle Furie Rosse.
IN FINALE TRA LE POLEMICHE – Il 3 giugno, a due soli giorni dalla ripetizione con la Spagna, l’Italia scende in campo a Milano per giocarsi la finalissima contro la temutissima Austria. Il commissario tecnico austriaco, Hugo Meisl, non nasconde qualche timore legato agli arbitraggi casalinghi, e non avrà tutti i torti. Ancora una volta l’Italia si impone per 1-0 con un gol contestato. Schiavio salta un avversario sulla sinistra e batte a rete, il portiere austriaco Platzer riesce a parare ma non trattiene e la palla rischia di finire in rete. Con un colpo di reni tenta di recuperarla, ma su di lui si abbatte in corsa Meazza, che per l’urto lo rimanda a terra, finendoci anch’esso. Mentre Platzer si sta per rialzare piomba sul pallone Guaita che insacca, tra le veementi proteste austriache che l’arbitro non prende nemmeno in considerazione. Il resto della gara non regala sussulti e il calcio italiano può festeggiare la sua prima finale mondiale. L’avversaria è la Cecoslovacchia, che a Roma si impone sulla Germania con una tripletta di Nejedly, ormai certo del titolo di capocannoniere.
L’ITALIA IN PARADISO – Tre giorni prima dell’atto conclusivo, a Napoli Germania e Austria giocano la prima finale di consolazione della storia. Gli austriaci, privi di Sindelar, sono costretti ad indossare le divise azzurre del Napoli, visto che entrambe le formazioni giocano solitamente in maglia bianca. Non porteranno loro fortuna, perché la Germania si impone per 3-2, inaugurando la sua lunga serie di piazzamenti sul podio.
Il teatro della sfida decisiva è lo Stadio Flaminio di Roma. La Cecoslovacchia, forte della propria superiorità tecnica, prende da subito il comando delle operazioni, mentre l’Italia si affida alle azioni di contropiede di Guaita e Orsi. Gli azzurri sono aggressivi anche più del solito, pagando forse la troppa tensione, e raramente si rendono pericolosi. Di contro, i boemi premono nella ripresa colpendo due pali, con Puc e Sobotka, e trovando infine la rete a venti minuti dal termine, con un preciso diagonale dello stesso Puc. Sembra un colpo fatale, e lo sarebbe ancor più se, poco dopo, Svoboda non venisse fermato ancora dal legno.
Solo dopo aver scampato il pericolo mortale l’Italia ritrova le ultime energie per scuotersi. Guaita e Schiavio si scambiano le fasce di competenza e, all’ottantesimo, proprio da Guaita nasce l’azione che porta alla conclusione vincente di Orsi. Parità ritrovata e inerzia della gara ora decisamente a favore dell’Italia. I supplementari sono iniziati da cinque minuti quando Meazza pesca Guaita sulla destra con un passaggio filtrante. L’oriundo scorge Schiavio che arriva di gran carriera dalle retrovie e lo serve di prima. Il centravanti del Bologna riesce con uno scatto ad anticipare tutti e tocca la sfera di quel tanto che basta per mettere fuori causa Planicka. Lo stadio esplode di gioia e gli ultimi venti minuti sono solo il preludio alla festa che si scatena al fischio finale. L’Italia è campione del mondo per la prima volta. Un traguardo voluto ad ogni costo dagli uomini di Pozzo e benedetto dalla fortuna.
IL CAMPIONE DEI CAMPIONI
Giuseppe Meazza – Chi l’ha visto giocare dal vivo, e ormai sono rimasti in pochi, non ha dubbi: Giuseppe Meazza è stato il più grande calciatore italiano di sempre, più di Rivera, più di Baggio, altri due numeri 10 in grado di esaltare le folle. Nato centravanti, esordì nell’Ambrosiana Inter a 17 anni e in maglia nerazzurra vinse due scudetti e tre titoli di capocannoniere, prima di un problema fisico che lo tenne fermo un anno e delle ultime apparizioni con le maglie di Milan, Juventus e Atalanta. Con la nazionale ha vinto due titoli mondiali, il secondo da capitano, collezionando 53 presenze e 33 reti, un bottino di gol battuto solo 40 anni dopo da Riva, nonostante nella seconda parte di carriera abbia arretrato il raggio d’azione fino a diventare interno di centrocampo.
TABELLINO DELLA FINALISSIMA
Roma, 10 giugno 1934
Italia: Combi, Monzeglio, Allemandi, Ferraris IV, Monti, Bertolini, Guaita, Meazza, Schiavio, Ferrari, Orsi.
Cecoslovacchia: Planicka, Zenisek, Ctyroky, Kostalek, Cambal, Krcil, Junek, Svoboda, Sobotka, Nejedly, Puc.
Marcatori: 70’ Puc(C), 80’ Orsi(I), 95’ Schiavio(I).
PUNTATE PRECEDENTI:
-1930
Autore: Andrea Dipalo
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