La prossima volta che il Bari ritroverà Robert Maah da avversario dovrà starci ben attento: perchè s'è capito che quando vede magliette con il galletto l'attaccante franco-camerunense si scatena. Lo si è visto l'anno scorso, lo si è visto anche quest'anno. Cuore ingrato, si potrebbe dire scherzosamente, ricordando il passato in Puglia dell'attaccante oggi al Cittadella. Che però, in questa intervista in esclusiva per Tuttobari.com, ha espresso, ancora una volta, tutto il proprio amore per la squadra biancorossa. Leggete per credere.
Robert, innanzitutto, anche se in ritardo, complimenti: contro il Bari hai fatto davvero una prestazione superlativa. "Grazie mille. Sì, sono molto contento della prestazione, anche se in verità un calciatore può essere contento al massimo per ventiquattro ore perchè poi dopo deve già pensare alla gara successiva".
Nel match di andata al "San Nicola" della passata stagione, sempre con la maglia del Cittadella, ritrovasti dopo un po' di tempo il gol. Quest'anno sei andato ancora una volta in rete contro Lamanna. Insomma, il Bari ti porta bene. "Ma il Bari non solo mi porta bene ma mi ha anche fatto solo bene! Nell'anno in Puglia sono stato meravigliosamente".
"Sono totalmente innamorato del Bari", hai dichiarato l'anno scorso: ma cosa ti ha fatto innamorare di questi colori? "Ho solo ricordi positivi di quell'esperienza. Perchè? I tifosi mi accolsero subitissimo alla grande, i compagni si comportavano con me come dei fratelli maggiori, il presidente era sempre molto presente e, pensa, mi veniva naturale chiamarlo nonno...insomma, davvero tutto l'ambiente mi piaceva".
Il punto è che giocavi poco: solo nove presenze e un gol in maglia biancorossa. Forse sei arrivato in Puglia troppo presto. "Non credo fosse quello il punto. Parliamo della stagione 2005-2006, erano altri tempi: all'epoca le società puntavano pochissimo sui giovani, arrivassi oggi in Puglia e avessi vent'anni probabilmente le cose andrebbero diversamente. In quel caso, comunque, avremmo dovuto avere tutti più pazienza: sta di fatto che a gennaio arrivarono richieste dalla C1 e Pari, direttore sportivo di allora del Bari che pure mi aveva voluto, non fece molto per trattenermi".
In Italia non ti portò il Bari ma il Faenza. Raccontaci come si concretizzò il tuo arrivo nel nostro Paese. "In pratica io giovavo nel Laval, in Francia, e chi voleva comprare il mio cartellino avrebbe dovuto pagare un'indennità pesante. L'unico modo per aumentare le possibiltà di trasferirmi in un nuovo club era andare in una serie minore, e fu così che finii al Faenza. Peraltro, devo dire che anche quella fu una bellissima esperienza: conobbi persone meravigliose e imparai l'italiano".
Ricordi il giorno in cui è ti arrivata la chiamata da Bari? "Certo, fui informato dai miei procuratori. Due giorni prima di firmare con i pugliesi ero convinto di dover andare al Perugia. Ma l'ipotesi Bari mi affascinò troppo: lì si erano disputati i campionati mondiali nel '90, avrei potuto giocare in uno stadio bellissimo..."
Torniamo al presente. Dopo le ultime ottime stagioni non credi che ora è per te il momento di fare il salto di qualità? "Sì, è vero. Non sono ancora continuo nelle prestazioni come vorrei: una cosa è fare una buona partita, una cosa è farne di buone venti di fila. Quando riuscirò ad esprimermi al meglio e con continuità allora potrò nutrire nuove e più grandi ambizioni. C' è sempre da lavorare, non ci si può mai fermare".
Tempo fai hai dichiarato che uno straniero che arriva in Italia torna a casa cambiato. In che modo ti ha cambiato il nostro Paese? "Io in Italia sono diventato uomo. In cosa sono cambiato? Beh, innanzitutto ho capito cosa significa essere un calciatore professionista. E poi ho imparato a vestire bene, a mangiare bene, ad apprezzare il piacere di gustarsi un buon vino..."
Tui hai origini camerunensi, hai mai pensato alla Nazionale africana? "Beh, sinceramente ci sono più probabilità che mi arrivi la chiamata dal Camerun che dalla Francia. Certo io sono un parigino doc, ma se diventassi uno dei leoni indomabili ne sarei sicuramente assai felice".
Robert, a proposito della tua vita a Parigi, hai dichiarato di essere cresciuto nelle banlieu, quartieri non facili della Capitale francese. Cosa ti ha insegnato il fatto di essere cresciuto lì? "A Bari come nelle banlieu c'è tanta gente che vive con poco. Parliamo di due realtà diverse ma in questo simili. Ecco, crescere in quartieri così mi ha insegnato proprio questo, a vivere con poco".
Un'ultima domanda. Qual è la prima cosa che hai pensato quando hai visto in tv i filmati dell'aggressione razzista a danno di Boateng durante l'amichevole del Milan contro la Pro Patria? "Quando ho visto il video ero in Francia. Molti francesi mi chiedono come faccio a vivere in un Paese razzista come l'Italia. Io gli rispondo sempre che l'Italia non è affatto razzista e che se lo fosse me ne sarei subito andato. Purtroppo una cosa è certa: episodi così schifosi è assurdo che accadano ancora nel 2013. É per l'Italia stessa un disastro farsi rappresentare da storie come questa".
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