La sconfitta casalinga di lunedì sera contro il Verona, rischia di aver lasciato il segno e rappresentato quello che potrebbe essere lo spartiacque della stagione. Difficile pensare che questa squadra, questo gruppo di giocatori, possa rialzarsi e lottare per un posto al sole nei playoff; ma la storia insegna che il torneo cadetto è lungo e ricco di colpi scena, anche di tale portata.
Non ci resta che sperare tocchi a noi stavolta, non resta altro che sperare in bene, nonostante tutto. Non servirà a tirarci su il morale, ma rievocare il periodo che portò il Bari alla conquista dell’unico trofeo della sua storia ultracentenaria, potrà certamente ridare lustro a qualcosa che il tempo sembra aver sbiadito.
Quanti sanno di quella grande vittoria? Quanti sono i tifosi che assegnano alla Mitropa Cup, il giusto valore? Perché in questi ultimi anni si è parlato così poco (quasi mai) di quella che per una squadra come il Bari fu certamente da considerarsi un’impresa? Non sarà stata la Champions, la Coppa Uefa o la nostalgica Coppa delle Coppe, ma perché denigrarla e far sì che tutto venga dimenticato? Non sarebbe giusto, per quella squadra, per la società, per i tifosi soprattutto. Dovremmo essere proprio noi tifosi a portare avanti, a tenere vivo il ricordo dell’unico trofeo presente nel palmares biancorosso.
Stagione 1989-1990, quella che precedette i mondiali italiani. Sulla panchina del Bari sedeva Gaetano Salvemini, tecnico molfettese, mentore e fautore della squadra in grado di alzare al cielo la Mitropa Cup. Ex calciatore di buon livello, reduce dalla sua prima esperienza in serie A alla guida dell’Empoli, venne scelto dal presidente Matarrese per riportare il Bari in alto.
Per lui a Bari, tre stagioni straordinarie, certamente da ricordare, un lusso per quei tempi: una promozione in A e due salvezze conquistate nei due anni successivi, ma soprattutto, la vittoria nella Mitropa Cup, appunto. A rubare la scena a quello che fu il vero miracolo sportivo compiuto da Salvemini da tecnico del Bari, ha contribuito il fatto di aver regalato al nostro club, l’unico lustro di cui potersi forgiare e del quale dovremmo andare comunque fieri.
Si, perché, la Mitropa Cup (meglio nota come Coppa dell’Europa Centrale) era stata fino alla nascita e al successo della Coppa dei Campioni, il torneo di club più importante e prestigioso del continente. Addirittura negli anni trenta e quaranta, aveva raggiunto un’importanza e un seguito, pari soltanto a quello che avrebbero successivamente avuto le altre tre grandi manifestazioni in campo europeo, Coppa Campioni, Coppa Uefa e Coppa Coppe. Il successo della Mitropa Cup nei suoi primi anni era dato anche dal fatto che a parteciparvi erano anche le squadre di club dell’est Europa, con l’Ungheria in testa. Il calcio danubiano era considerato il massimo, vi militavano i migliori giocatori dell’epoca, ma anche Austria e Cecoslovacchia non erano da considerarsi da meno. L’Italia entrò a far parte della Mitropa Cup, subentrando ai club slavi, nel 1929 e da allora fino all’anno dell’ultima edizione, avvenuta nel 1992, continuò a partecipare con le sue squadre. Inizialmente il torneo era aperto a due club per ogni nazione, poi il numero passò a quattro; insomma, per capirci, come nella Champions League attuale.
Ecco i motivi per cui non bisognerebbe sottovalutare quella che era la Mitropa Cup, anche se va detto che molto del prestigio iniziale andò via via scemando quando nacquero altre manifestazioni sulle quali l’Uefa volle investire e delle quali si è rifatta abbondantemente.
Quando il Bari vinse il trofeo, questo aveva già subito delle modifiche alle sue regole originali; dal 1979 in poi infatti, la Mitropa Cup venne destinata alle squadre vincitrici dei rispettivi campionati di secondo livello (la serie B in Italia) ma questo non impedì che ad aggiudicarsela sarebbero state di lì a pochi anni, compagini come il Milan e il Torino. Il Bari che nella stagione 1988-1989 aveva centrato la promozione a pari merito con il Genoa era guidato, oltre che come detto da Salvemini in panchina, anche da giocatori di notevole spessore caratteriale (Terracenere) e dal grande estro (Maiellaro). La vera scoperta, in vista del campionato di A dell’anno seguente, fu certamente l’innesto dell’indimenticato idolo biancorosso Joao Paulo, oltre che dell’altro carioca, il mediano Gerson. Pochi innesti, ma idee chiare per Salvemini e i suoi che, dopo l’ottimo decimo posto in campionato, alzarono al cielo dello Stadio della Vittoria la Mitropa Cup, regalando una gioia immensa e fin lì sconosciuta a tutti i tifosi biancorossi. Quel 21 maggio 1990 decise un gol di Perrone al termine di un’azione orchestrata sapientemente da un lancio di Angelo Terracenere; il Genoa di Franco Scoglio, orfano in quell’occasione dell’attuale tecnico biancorosso Vincenzo Torrente, non riuscì a replicare e restò a mani vuote. Quello fu anche l’addio al vecchio stadio, visto che di lì a pochissimi giorni (il 3 giugno per la precisione) sarebbe stato inaugurato il San Nicola, pronto ad ospitare diverse incontri del campionato del mondo.
Cerchiamo di fare in modo che il ricordo di quello splendido periodo non vada perso e soprattutto considerato per il valore che realmente ebbe. Era la Mitropa Cup, l’unico trofeo della storia del Bari.
25 novembre 1990 il video di Bari-Juventus 2-0
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