E venne l’ora del Brasile. Dopo due decenni di delusioni, in alcuni casi sfociate in tragedia, i verdeoro riescono finalmente a salire sul tetto del mondo. Per farlo hanno bisogno di un giovanissimo “messia”, che parte da riserva e termina da “O rei”. Edson Arantes do Nascimento: per tutti, da quel momento e per sempre, Pelé.

ITALIA DOVE SEI? – A livello organizzativo, gli anni Cinquanta sono quelli del calcio europeo. Dopo la Svizzera, infatti, il campionato del mondo si trasferisce un po’ più a nord, in Svezia. Ma la novità più rilevante è la creazione, proprio nel 1954, della UEFA. L’atto iniziale è la creazione della Coppa dei Campioni, riservata alle vincitrici dei vari tornei continentali, una competizione che di fatto sancisce l’entrata del calcio nell’era moderna. Subito dopo i mondiali svedesi, invece, vedrà la luce il Campionato Europeo per nazioni. Tutto questo fermento, però, non è accompagnato da un adeguato livello delle squadre. Le grandi favorite della vigilia, infatti, sono Brasile e Argentina, vincitrice della Coppa America dell’anno prima, grazie all’apporto degli “angeli dalla faccia sporca”, Sivori, Angelillo e Maschio. Il problema dei biancocelesti, però, è che i tre non parteciperanno, esclusi in seguito al loro trasferimento in Italia. Tra le favorite figurerebbe anche l’Inghilterra, se la tragedia di Monaco, nel febbraio di quell’anno, non avesse spazzato via buona parte del Manchester United, la squadra guida del football d’oltremanica.
A tenere alto l’onore dell’Europa restano i campioni in carica della Germania Ovest e i padroni di casa della Svezia, che finalmente si schierano con tutti i loro campioni, anche se ormai avanti negli anni. Curiosità per due squadre emergenti, la Francia di Kopa e Fontaine e l’URSS, alla sua prima apparizione. Resta sorprendentemente a casa la Spagna, nonostante il Real Madrid stia dominando la neonata Coppa dei Campioni. E resta fuori dei giochi, per la prima e finora unica volta, anche l’Italia, ormai nel pieno di una crisi involutiva dovuta all’esagerata fiducia nel catenaccio. Nella gara decisiva, persa con l’Irlanda del Nord, gli azzurri si schierano con cinque attaccanti di ruolo e col resto della squadra a difendere. Il risultato è che gli avversari spadroneggiano a centrocampo. L’umiliazione non servirà a molto, ci vorranno ancora dieci anni per tornare a farci rispettare a livello internazionale.
ELIMINAZIONI ECCELLENTI – Il quadro delle partecipanti, già carente in avvio di torneo, perde pezzi importanti fin dal primo turno. La sorpresa maggiore è l’eliminazione dell’Argentina, finita ultima dietro la Germania Ovest, l’Irlanda del Nord e la Cecoslovacchia, con l’umiliazione dei sei gol presi dai boemi. Saluta anzitempo anche l’Inghilterra, sconfitta allo spareggio dall’URSS, in un girone vinto facilmente dal Brasile e chiuso dall’Austria, ormai lontana parente di quella di venti anni prima. Il divertimento maggiore lo regala la Francia, trascinata da un Fontaine inarrestabile (chiuderà a 13 reti, record inavvicinabile). I galletti aprono con un emblematico 7-3 al Paraguay, poi perde 2-3 con la Jugoslavia e batte la deludente Scozia, conquistando il primo posto davanti agli slavi. Infine la Svezia, che non ha problemi a far suo il girone, davanti al Galles (delle quattro britanniche, record di partecipazioni mai più eguagliato, passano a sorpresa le due meno quotate). Delusione per l’Ungheria, priva di buona parte dei grandi campioni di quattro anni prima ed eliminata allo spareggio dai gallesi.
SPETTACOLO NON PERVENUTO – Dopo una prima fase promettente, i quarti di finale sembrano tornare a confermare la tendenza verso il grigiore che si è fatto strada nel calcio degli ultimi anni. Fa eccezione la solita Francia, che rifila un poker di gol all’Irlanda del Nord, probabilmente ingiusto, per quanto visto in campo, ma nel quale gioca un ruolo fondamentale la stanchezza post-spareggio degli irlandesi. La Germania si limita a gestire la rete in apertura del solito Rahn, contro una Jugoslavia poco brillante che nulla può, opposta al pragmatismo dei tedeschi. Pochi problemi, a sorpresa, per la Svezia, che si aspettava maggiore opposizione dall’URSS, probabilmente anch’essa stremata dopo lo spareggio. Le reti di Hamrin e Simonsson aprono e chiudono un match che non regala altre emozioni. Il Brasile, infine, che contro il sorprendente Galles, privo per di più del suo gigante John Charles, ci mette più di un’ora a sbloccare la parità. Per farlo, complice la giornata storta di Garrincha, serve un acuto di Pelé, alla sua seconda apparizione mondiale. Su torre di un compagno, stoppa e batte il portiere con un destro di controbalzo che si infila nell’angolino. È il suo primo gol iridato, ne verranno molti altri.
AVANTI I PIÙ FORTI – Le semifinali regalano lo spettacolo che era mancato nei quarti e premiano le squadre migliori. La Svezia parte all’assalto della Germania fin dai primi minuti, venendo però beffata da Schäfer. La replica è quasi immediata, con un diagonale preciso di Skoglund, servito perfettamente da Liedholm, che però si era aggiustato il pallone con un braccio. Nella ripresa, le reti di altri due “italiani”, Gren e Hamrin, portano gli scandinavi alla prima finale mondiale della loro storia. L’avversario sarà il Brasile, che contro una squadra “allegra” come la Francia può sfoderare tutto il suo potenziale offensivo. Vavá apre le marcature dopo due soli minuti, ma i francesi non stanno certo a guardare. Il pareggio arriva già al nono, con l’ennesimo centro di Fontaine, che non manca di infilare la porta brasiliana, come fatto con tutte le avversarie affrontate nel torneo. Dopo una doppia traversa colpita da Zagalo, col pallone che incoccia il legno una prima volta, rimbalza a terra e torna a colpirlo, i verdeoro tornano in vantaggio prima dell’intervallo con Didí. Complice la superiorità numerica per l’infortunio dello stopper francese Jonquet, la ripresa si trasforma in pura accademia, con Pelé a far la parte del protagonista. Tripletta in venti minuti, per lui, prima della seconda inutile marcatura dei galletti, di Piantoni. La Francia esce comunque a testa alta, andando poi a cogliere il terzo posto (che per 40 anni resterà il miglior piazzamento) con un 6-3 alla Germania, illuminato dal poker di Fontaine.
IL BRASILE, FINALMENTE! – La Svezia è padrona di casa, gioca un buon calcio, conta su campioni affermati, ma i favori del pronostico e il pubblico neutrale sono tutti dalla parte del Brasile chiamato, otto anni dopo la tragedia del Maracanã, a salire finalmente l’ultimo gradino per il paradiso. Eppure antichi fantasmi sembrano riemergere dal passato, quando Liedholm, al terzo minuto, fulmina Gilmar con una botta da fuori. Ma stavolta i brasiliani non ci tengono proprio a subire l’ennesima beffa. Bastano sei minuti per ristabilire la parità, al termine di un’azione che ha molto in comune col “Tiqui Taca” del Barcellona odierno nelle sue giornate migliori. Corner corto di Zagalo per Didí, che smista subito verso Vavá. Questi non trova lo spazio per il tiro e allarga a destra per Zito, che vede lo scatto di Garrincha e lo serve. L’ala arriva sul fondo, nemmeno avvicinato dal terzino, e crossa basso a centro area dove Vavá è il più lesto di tutti a deviare in rete. Alla mezzora, ancora cross di Garrincha, ancora Vavá ad anticipare tutti e risultato ribaltato. La Svezia prova a reagire, ma si scontra con una difesa avversaria che finalmente sembra all’altezza dell’attacco. All’intervallo, dunque, la gara sembra ormai segnata. A mettere il sigillo ci pensa ovviamente Pelé. Stop di petto su cross da sinistra, sombrero ad un avversario e tocco sporco, senza far cadere la palla a terra, ma imparabile per il portiere. Segue poi la rete di Zagalo, che sfrutta un rimpallo, e quella di Simonsson. che attenua solo parzialmente il dispiacere del pubblico di casa. A calare il sipario ci pensa ancora Pelé, con un’altra perla. Serve di tacco Zagalo e per poi concludere il rapido triangolo senza lasciare scampo a Svensson. Non c’è nemmeno il tempo di riprendere il gioco. L’arbitro fischia la fine e il Brasile intero può finalmente gioire. La Seleção è sul tetto del mondo.
IL CAMPIONE DEI CAMPIONI
Edson Arantes di Nascimento “Pelé” – Impossibile spiegare Pelé in poche righe, quindi lascio il compito ai numeri. Oltre 1200 reti segnate,delle quali 95 in 101 presenze in nazionale. Tre titoli mondiali vinti, più 2 Libertadores e 2 Intercontinentali con la maglia del Santos, la squadra della sua vita, con la quale vince 11 volte il campionato paulista, successi accompagnati da altrettanti titoli di capocannoniere. Chiuderà ai Cosmos di New York nel tentativo, poco riuscito per la verità, di far decollare il calcio negli Stati Uniti.
TABELLINO DELLA FINALISSIMA
Stoccolma, 29 giugno 1958
Brasile: Gilmar, D.Santos, N.Santos, Zito, Bellini, Orlando, Garrincha, Didí, Vavá, Pelé, Zagalo.
Svezia: Svensson, Bergmark, Axbom, Börjesson, Gustavsson, Parling, Hamrin, Gren, Simonsson, Liedholm, Skoglund.
Marcatori: 3’ Liedholm(S), 9’ Vavá(B), 32’ Vavá(B), 55’ Pelé(B), 68’ Zagalo(B), 80’ Simonsson(S), 90′ Pelé(B).

PUNTATE PRECEDENTI:

-1954

-1950

-1938

-1934

-1930





 

Sezione: La Storia dei Mondiali / Data: Sab 29 maggio 2010 alle 10:00 / Fonte: di Oreste Giannetta per Tuttomondiali.it
Autore: Andrea Dipalo
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